Claudia Gerini (Magazine – ottobre 2008)

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Claudia Gerini entra nella stanza col passo deciso. Zigzagando tra un tavolo hi-tech e una sediola per bimbi di un noto mobilificio svedese. Vestito grigio e stivaloni taccatissimi neri. Si siede tra i cuscini sgargianti e parla a macchinetta. Mentre risponde alle domande recita, imita, si alza, canticchia. Cita Verdone come se fosse la Bibbia. «Da Carlo ho preso tutto», dice. La metto alla prova. Sparo l’incipit di qualche battuta verdoniana cult per vedere se la conosce. Risponde a raffica: una volta con voce roca «nun smorza’… abbassa» (da Un sacco bello), un’altra con tono coattissimo «il rapporto cor flipper è come n’amplesso» (da Troppo forte). Gerini ha trentasei anni, fa l’attrice da ventuno, ed è madre da quattro. Ha girato una quarantina di film e ha presentato un Sanremo nel 2003 con Pippo Baudo. È al Festival di Roma con Aspettando il sole, mentre a marzo uscirà Diverso da chi, una pellicola in cui le contraddizioni di una certa sinistra diventano commedia. Come molti attori italiani, Gerini si lascia corteggiare dall’impegno gauchista: ha recitato la lettera di un immigrato durante il concertone del Primo maggio a piazza San Giovanni e ha appoggiato Rutelli alle ultime amministrative. Fa parte di una associazione per le Pari opportunità che si chiama +D (Più donne) e, dopo una depressione post parto, cerca di interpretare minuziosamente il ruolo di mamma. Per dire: il nostro appuntamento viene ripetutamente spostato a causa della varicella della figlia Rosa. I cui giochi invadono la casa. In tempi di giornaliste supermamme che conquistano la direzione dell’Unità e di superleader che lasciano la politica per fare i papà, partiamo da qui.
Sei figlio-centrica?
«Porto Rosa anche sul set dei miei film. Se è questo che intendi».
Mica lo fanno tutti.
«Non tutti possono portare i figli sul luogo di lavoro. E non tutti hanno una tata che si muove con disinvoltura tra ciak e camerini. In questo la politica non aiuta i cittadini».
In che senso?
«Senza asili e senza sostegno, una madre non lavora con serenità. Sulle politiche della maternità anche la sinistra ha fallito».
Politica e figli: Cofferati lascia il suo ruolo a Bologna per stare dietro al secondogenito.
«Forse si è stufato della politica. O non si divertiva a fare il sindaco. Avrà pensato: tant’è mi godo mio figlio».
Farà il mammo.
«Mammo è una parola che andrebbe abolita».
Per sostituirla con…?
«Padre. Un papà che cambia un pannolino o dà la pappa, fa il padre. Punto. O stiamo ancora al maschio figo e cacciatore che porta i soldi a casa e non fa altro?».
Sei tu che una volta hai detto che la donna deve essere anche geisha.
«E che cosa c’è di male?».
Che cosa c’entrano le pari opportunità e l’associazione +D con le geishe?
«Io do per scontato che la donna sia libera e indipendente, che possa decidere di fare o non fare figli. Che aspiri quando e come vuole a realizzarsi professionalmente…».
Ma…
«…vado oltre. Proprio perché do per scontate queste cose, non penso che sia da poverette cucinare un polpettone o avvolgere il mio uomo e inebriarlo con le mie armi di donna».
Le donne in politica…
«Sono poche».
Ce ne è qualcuna che ti appassiona?
«Le solite: Finocchiaro, Bindi, Pollastrini…».
Carfagna? Gelmini?
«Un po’ inesperte. In generale mi pare che la politica si sia impoverita. I politici pensano più ad apparire che a modernizzare il Paese. È passata l’idea che più sei figo e più ti votano. La dignità delle donne poi…».
Che cosa?
«È a zero. Ma hai visto il programma Veline?».
Un trionfo di cosce e balletti.
«Molto peggio: Ricci è un autore intelligente, ma ha esagerato. Si sfrutta la fame di fama. Veline è tutto un ammiccare: “E prendi il pitone…”, “E guarda la concorrente come stringe il serpente…”. Ma che roba è?».
Lo dici tu che sei cresciuta tra le ninfette di Non è la Rai?
«Non è la Rai era una cosa molto diversa».
Ragazzine di quindici anni che sculettavano.
«Vestite. Era un gioco. Io ci sono stata solo qualche mese. Avendo già fatto qualche particina nel cinema avevo la presunzione di non volermi sporcare il curriculum».
Tu eri fidanzata con Gianni Boncompagni, ideatore di Non è la Rai: c’era qualche decennio di differenza tra voi due.
«Tra tutte le ragazze della trasmissione, ero una veterana. Maggiorenne. E poi tra me e Gianni il bambino era lui».
La lezione del maestro Boncompagni?
«Lui è un grande creativo e un grande anarchico. Mi ha sempre spinto a essere consapevole dei risultati ottenuti. Ma mi ha anche sempre detto che avrei dovuto fare tv».
Non hai seguito il consiglio.
«No, e visti tutti i film che ho fatto, ogni volta che lo incontro, gli faccio il gesto dell’ombrello. Tiè».
Il primo film?
«Ciao ma’ e Roba da ricchi. Li ho girati nella stessa estate. A sedici anni».
Al cinema come ci eri arrivata?
«Di provino in provino».
I tuoi genitori?
«Famiglia di impiegati».
Studi?
«Classici. Prima a Ostia e poi sulla Cassia. A quindici anni vinsi Miss Teenager: per partecipare avevo mandato delle foto in posa da smorfiosetta».
In che cosa consisteva il premio?
«Un motorino e l’accesso a qualche casting: la pubblicità dei Baci Perugina… ’ste cose così. Ho cominciato a guadagnare piuttosto presto».
A scuola hai mai fatto politica?
«Nix. Ero incontaminata».
L’adolescenza sacrificata sotto ai riflettori?
«Un po’. Ma io facevo cose che gli altri sognavano. A venti anni mi sono trasferita per sei mesi in Cambogia, dopo aver girato lì una particina. Poi, Parigi, dove ero finita per seguire un fidanzato, l’attore Stefano Dionisi. E poi Londra, Los Angeles… I Sagittari si mettono in discussione».
Certo. La svolta professionale?
«Con Verdone. Io sono cresciuta a pane e Verdone. Andai a fare un primo provino e mi scartò».
Crudele.
«Cercava una modella. Era molto imbarazzato. Farfugliava: “Cioè… Non è che non vai bene, eh. Vai benissimo… Ma, insomma…”. Poi mi venne a trovare in un teatro sperimentale, dove interpretavo Adriana Faranda, la brigatista. Mi chiese: “Ti ricordi di me?”».
E tu?
«“A Carlooo. E ti credo che mi ricordo”. Lo richiamai. Gli lasciai nella segreteria telefonica un giro di basso… Tu-tu-tum tum tum. Ci risentimmo. Mi disse che avevo la faccia da borghesuccia, ma ero coatta dentro e così mi prese per Viaggi di nozze».
1995. Incassi record.
«Dopo tredici anni, ancora mi fermano per strada: “A Jessicaaa, lo famo strano?”. Mi passano i parenti al cellulare».
Non hai paura di essere rimasta imprigionata in quel personaggio?
«No. Quelle paure ce le ha chi non è sicuro dei propri strumenti. E poi Jessica era un personaggio drammatico».
Una coatta un po’ macchietta.
«La rappresentazione del vuoto. Quelli di Verdone non sono mica filmetti. Fanno ridere, ma non sono i cinepanettoni».
Lo faresti mai un film di Natale?
«Se finissi nel dimenticatoio… Per ora preferisco misurarmi su altro. Guarda che dopo Viaggi di nozze, ho detto parecchi “no”».
Tipo?
«Mi proposero delle fiction. Lui e lei. Poi una cosa in sei puntate per 900 milioni di lire. A mia madre questo non gliel’ho mai detto. Ero pazza, eh? Allora non c’era l’intreccio che c’è ora tra gli attori di cinema e quelli delle fiction».
Show televisivi?
«Ho rifiutato Scherzi a parte».
Perché?
«Pensavo: un attore è un mistero. Se la sua faccia viene spiattellata tutte le sere in tv…».
Perde il mistero?
«Già. Io sono poliedrica. Sono come una chitarra: ho molte corde e molte note. Volevo suonarle al cinema. Ma oggi un one woman show lo farei volentieri».
Un film che hai fatto e che non rifaresti?
«Farei in modo diverso Viaggio segreto, di Andò».
Quello famoso per il tuo nudo integrale.
«Girai una decina di scene, ma dopo il montaggio ne rimasero solo tre o quattro. Una piccola delusione».
Altre delusioni recenti?
«Non mi hanno presa per Nine».
Che cosa è?
«Un film/musical che girerà Rob Marshall. Un omaggio a 8 e 1/2 di Fellini. Ho sfiorato la parte».
Come?
«Ero stata selezionata per il casting. Sono volata a New York, a spese mie. Ho fatto 3 ore di prove: canto, ballo, recitazione, in inglese, in francese… un mazzo così! Sono rientrata in Italia il giorno stesso perché nel frattempo lavoravo a un altro film».
E alla fine?
«Scartata. Hanno preso Nicole Kidman, Penelope Cruz… Nomi grossi, insomma. Diciamocelo: sarei dovuta nascere a Pittsburgh, invece che a San Giovanni».
Ti capita spesso di essere scartata ai provini?
«Ci ho il callo: 98 volte su 100 ti mandano a casa. Con Bellocchio ho una specie di abbonamento: mi chiama, faccio il pezzo, lui mi fa i complimenti e poi… bye bye. Detto ciò non mi lamento: ho lavorato con Tornatore, Castellitto, Rubini».
Nei film d’autore, però, mai con un ruolo da super protagonista.
«The best is yet to come. Il meglio deve veni’».
Hai lavorato pure con Mel Gibson.
«De quo liquimini?».
Come, scusa?
«In The passion, recitavo in latino. Gibson è un mistico. E con lui ho assaggiato anche il piacere di un set davvero ricco».
Racconta.
«C’era una scena in cui parlavo con Pilato. Primo ciak, buono. Secondo ciak, buono. Al terzo ciak, Mel mi prende da una parte e mi fa: “Ti è piaciuta? Mi vorresti proporre qualcosa? Hai qualche idea?”. E vai con altri ciak».
Nei film italiani non succede?
«Scherzi? Ogni minuto di un set costa migliaia di euro. Da noi è tutto un “E sbrigateee. E móviteee. E dajeee”».
Sei litigiosa sul set?
«Decisamente no. Ho sempre ottimi rapporti con registi, attori, macchinisti… con loro faccio a gara a chi conosce meglio le battute delle commedie. Sono una che non fa capricci. Invece dovrei imparare a farli».
Perché?
«Perché funziona: “Anvedi questa: vole li gamberetti freschi anche se stamo a gira’ in mezzo alle pecore. Deve esse una importante”. Un classico no?».
L’attrice più capricciosa con cui hai lavorato?
«Una molto esigente è Anna Galiena. Ma lei è abituata così in Francia».
La tua attrice di riferimento?
«Monica Vitti, eclettica, mi ispiro a lei».
Hai amici tra gli attori?
«Elda Alvigini, che ora fa i Cesaroni. E poi Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi… ma riesco a vederli poco. Mi sta simpatica Paola Cortellesi, la numero uno. Hai presente quando fa la Santanchè? La mejo».
A cena col nemico?
«Con Osama bin Laden».
Coraggiosa. La scelta che ti ha cambiato la vita?
«Diventare mamma. Sembra una stupidata, ma è il vero life changing… Tac. Durante la gravidanza tra l’altro ho preso venti chili».
Dove sono finiti?
«In Grande grosso e Verdone dovevo stare sempre in costume. Per non sfigurare mi sono data da fare».
Come?
«Yoga due volte a settimana. E due volte Taekwondo: ho la cintura blu».
Tradotto in pericolosità?
«Se mi aggredisci ti gonfio. Ti do facilmente un calcio in faccia».
Ma che cosa dici?
«È così. Io non sono violenta, ma alle ragazzine delle scuole medie, invece della pallavolo insegnerei questo. Per difesa personale. Un po’ fascista?».
Il libro della vita?
«Ho appena letto Pura anarchia di Woody Allen, ma niente è come le Lezioni americane di Italo Calvino».
Il film?
«Ne posso dire una ventina?».
No.
«Quei bravi ragazzi, di Martin Scorsese».
La canzone?
«Paranoid android dei Radiohead e Karmacoma dei Massive Attack, le ho ascoltate fino alla nausea. Karmacomaaa».
Che fai, canti?
«Sto finendo un disco con Federico».
Zampaglione, il tuo compagno, leader dei Tiromancino.
«Ci saranno 11 successi presi da film fenomenali».
Tipo?
«Te lo faccio sentire… She’s a maniac… maniac on the floor».
Federico ti ha aggiustato l’intonazione con qualche marchingegno in studio?
«Nooo. È la mia voce. Guarda che io canto anche dal vivo. L’ho fatto a Sanremo. E pure a un grande evento per la Fiat. Lì facevo Marilyn Monroe: intonavo Happy Birthday alla 500. E poi al Campiello».
Hai cantato pure al premio letterario?
«Sì. Lo presentavo con Bruno Vespa. Ho fatto Don’t cry for me Argentina».
Da madre: quanto costa un pacco di pannolini?
«Un pacco da 30 circa 9 euro».
Quanti anni ha la Costituzione?
«Cinquantacinque?».
Qualcosa di più.
«Ah, è vero. Quest’anno ci sono stati i 60 anni della Costituzione».
I confini dell’Iraq.
«Iran, Siria, Giordania…».
Giusto.
«…e Afghanistan».
Sbagliato. Che cos’è YouTube?
«Scherzi? Io vivo con YouTube… cerco soprattutto i pezzi di Corrado Guzzanti. Il suo Funari è fenomenale».
Siete amici?
«L’ho chiamato per sollecitarlo a tornare in tv: a Coradoooo, tornaaaaa».

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