Alena Seredova (Magazine – giugno 2008)

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Ex clandestina. Modella nata brutta. Neofirst lady della Nazionale. Alena Seredova, 30 anni, ceca, mi aspetta seduta a un tavolino, nel giardinetto del Das Triest, un albergo viennese residenza di alcune mogli degli azzurri durante gli Europei. Quando arrivo ordina il terzo mega-caffellatte con schiumone della mattinata. Poi si toglie gli occhiali ultrafashion, spalanca il sorriso e dice: «Mica vorrai cominciare proprio dalla partita?». La “compagna” del portiere juventino della Nazionale Gigi Buffon («Mi raccomando la definizione… fidanzata è un po’ riduttivo visto che abbiamo un figlio ») tiene nascosta nella borsetta una fascia da Capitano, un souvenir dell’Euroesordio. E da Capitana, quando parla di calcio cerca di muoversi con una certa diplomazia. Un esempio: alla domanda su chi preferisce tra il suo connazionale Zdenek Zeman e Luciano Moggi, risponde: «Zeman». Ma si raccomanda: «Scrivi che lo scelgo per spirito patriottico. Lo so che Zeman in casa Juve non è molto amato».
Mentre parliamo, pian piano, nella hall dell’hotel si materializzano le altre mogli: quella di Gattuso, Monica, con bimba in passeggino. Quella di Materazzi, Daniela, più tatuata del marito… Quella di Borriello, Belen, neostarlette sudamericana.
Quali sono i compiti della compagna di un big della Nazionale?
«Scherzi? Nessun compito».
Come si gestisce l’umore di un superportiere nei momenti di stress?
«Evitando di aggiungere problemi a problemi».
In pratica?
«Prima e dopo certe partite, anche se ho un guaio evito di raccontarglielo. E poi diciamo che da un po’ di tempo evito proprio di parlare di calcio».
Perché?
«Quando apro bocca si pensa subito che io sia l’interprete del pensiero di Buffon, invece…».
Avevi detto: «Mai con un calciatore».
«È vero».
Non ti piaceva l’ambiente o che cosa?
«Mi sembrava un cliché un po’ abusato: la modella/showgirl e il calciatore».
È appena uscito un libro francese Sexus Footballisticus: si parla di un mondo del calcio fatto tutto di sesso e di droga.
«Non credo che il mondo del calcio sia diverso da quello degli avvocati, dei dottori…».
A proposito di cliché: dopo aver fatto la valletta, hai fatto il calendario.
«Per soldi e per ottenere notorietà».
Le tue colleghe di solito dicono: sono foto artistiche.
«Balle di convenienza. Se voglio una mia foto artistica me la appendo in camera, no? E poi senti: sono una delle poche persone che conosco che sta meglio nuda che vestita».
Dipende da quante persone svestite hai visto.
«Ho visto tanti bluff. Molte delle signorine che sulla carta sembrano delle stangone perfette, poi le vedi dal vivo e sono basse e flaccide».
Con Gigi hai mai parlato delle foto nuda?
«Sì. Certo».
E…
«Ti dico solo che un magazziniere della Juve ce le aveva appese nello sgabuzzino e le ha tolte».
Per rispetto nei confronti del portierone?
«Già. Ho trent’anni e un figlio, Louis Thomas. Io stessa mica vado più in discoteca a fare le serate».
Stai studiando recitazione?
«Ahahah. E che, sono un’attrice?».
Compari nei film.
«Sì, ma faccio me stessa o poco più. Mica aspiro a rubare i ruoli a Laura Morante. Piuttosto continuo a fare la modella, soprattutto a Praga. In Italia la prima volta ci sono venuta da modella, toccata e fuga. Poi è arrivato il provino con Giorgio Panariello…».
Racconta.
«Eravamo a Roma. Lui mi chiedeva. “Sai ballare?”. E io: “No”. “Sai cantare?”. E io: “No”».
Ottimo. Perché ti scelse?
«Forse perché non facevo che ridere».
L’Espresso dedicò a te e a Panariello la copertina sulla tv deficiente.
«Ero tutta contenta. Pensavo: “E vai, già una copertina”. Non mi rendevo conto. Giorgio mi prese da parte: “Alena, un giorno quando conoscerai meglio l’italiano, capirai che c’è poco da gioire”».
Lo sbarco in Italia.
«Complicato».
Complicato? Per una modella/presentatrice?
«Il primo permesso di soggiorno me lo fecero che scadeva un mese prima della fine della trasmissione Torno sabato. Mi ritrovai la notte di Natale in questura con un certificato medico».
Un certificato medico?
«Si faceva così se volevi tornare in patria e rientrare: col permesso scaduto, cominciavi una cura medica e per proseguirla ti dovevano far rientrare per forza».
Una bella furbata. Finita la cura?
«Sono stata sei mesi sans papier».
Clandestina.
«Un po’ un’assurdità. Perché il mio lavoro era pubblico, ma per strada quando incrociavo dei poliziotti temevo che mi fermassero. Mi veniva da piangere».
Alla fine come hai risolto?
«Non è che mi arrestano se te lo racconto?».
Non credo.
«Per un po’ sono andata avanti con un permesso da collaboratrice domestica che mi hanno fatto in questura a Milano».
Scherzi?
«No. Guarda che con il passaporto ceco ancora oggi è un casino. Negli aeroporti, mentre Gigi passa ovunque, a me fanno fare trafile assurde. In America una volta ho pensato che mi volessero addirittura disinfettare».
E invece?
«Mi avevano spruzzato il liquido per individuare gli esplosivi. Ad Antigua, l’anno scorso, mi volevano rispedire a Praga dopo 15 ore di volo, perché il dirigente dell’aeroporto non sapeva che la Repubblica Ceca ormai è nell’Unione europea».
Sai che ora in Italia si vuole introdurre l’aggravante della clandestinità?
«Sì. E se è vero quel che dicono i tg, che la maggior parte dei reati è commessa da extracomunitari, un po’ è giusto. Però credo anche che delle persone che scappano dalla miseria per venire in Italia a lavorare e rischiano la pelle con quelle traversate sui gommoni, andrebbero accolte».
Se potessi votare in Italia che cosa voteresti?
«Mi piace Fini. Non condivido tutto quel che dice, ma è quello che capisco meglio. Sin da quando ho cominciato a imparare l’italiano guardando Porta a porta».
L’hai mai conosciuto?
«Sì. Siamo stati insieme ospiti di Vespa. In quell’occasione si disse favorevole al voto degli immigrati. Una cosa sacrosanta».
Perché?
«Io pago le tasse qui, perché non dovrei votare?».
Ma le paghi le tasse? Dai dati pubblicati, nel 2005 risultavi praticamente nullatenente.
«Le pago davvero dal 2006, da quando ho preso la residenza. Prima le pagavo nella Repubblica Ceca».
Uhm. La tua infanzia a Praga?
«Da giovane comunista entusiasta».
Entusiasta?
«Non mi rendevo conto. Nell’89, quando è crollato il muro, avevo 11 anni. Mio padre cercava di farmi sembrare tutto divertente: le adunate, le divise, la burocrazia che funzionava solo se oliata con regalini… Facendo il cameriere papà riusciva a ottenere un po’ di valuta pesante e mi comprava gli ovetti Kinder. Ma insomma… era tutto marrone e grigio. Il rigetto è stato tale che ho ricominciato a indossare vestiti marroni solo un paio di anni fa».
Come hai cominciato a fare la modella?
«Un’amica mi portò a un provino, per caso».
Succede sempre così. Si dovrebbe scrivere un libro sugli amici che per caso portano ai provini persone che poi diventano famose.
«A 14 anni ho cominciato a girare per l’Europa. Da Praga partivano pullman di modelle per la Germania. Tutte insieme costavamo quanto un’unica modella occidentale».
Una specie di delocalizzazione al contrario. È vero che tuo padre quando sei nata per poco non sveniva per l’orrore?
«Sì. A parte che Seredova vuol dire proprio “brutta”, ma effettivamente sono nata secca: con la pelle ruvida e grinzosa».
E come mai?
«Perché nella placenta di mia madre era venuto a mancare il liquido amniotico. Poi mi hanno pucciata negli olii per un paio di mesi e ho cambiato pelle».
È vero anche che da bambina vivevi accanto a un campo nomadi?
«No. A Praga non c’erano campi. C’erano dei palazzi che venivano assegnati ai rom. Ne avevo molti in classe, a scuola».
In Italia, c’è chi considera i rom un male assoluto.
«Ammetto che quando li incontro per strada stringo forte la borsetta. Ma poi bisogna essere flessibili. Hanno un loro modo di vivere e di pensare con cui ci si deve confrontare. Pensa che nei palazzi che gli assegnavano a Praga smontavano il parquet per farci il fuoco. Quando Panariello mi ha chiamato io stavo facendo la volontaria in un campeggio per zingari orfani».
Dopo Panariello sei entrata nel mondo splendente della tv. Sei mai stata paparazzata?
«Sì. Certo».
E hai mai organizzato servizi fotografici in vacanza per finire sui giornali?
«No. Ma un mio fidanzato lo ha fatto e io ci sono finita dentro. Mi portò al mare con fotografo al seguito, senza dirmelo».
Hai mai avuto a che fare con Lele Mora?
«Sì. Ero della sua cosiddetta scuderia. Ma, sarà un caso, nessun giudice mi ha mai convocata».
Ti sei fatta un’idea del perché?
«Perché certe cose non le ho mai fatte. Con Lele, ho sempre fatto patti chiari: per esempio, accettavo le serate in discoteca, ma niente feste di compleanno».
Cioè?
«Non ho mai partecipato a feste private. Non potevo sopportare l’idea di essere considerata un regalo».
La tv che non faresti mai?
«I reality. E trasmissioni come Buona domenica. Non amo quei posti dove ti dicono: “Litiga”. E tu devi litigare».
Preferiresti essere ospite di Serena Dandini o di Gigi Marzullo?
«Dandini non so che cosa faccia. Da Marzullo ci sono stata appena arrivata in Italia».
E come è andata?
«Non capivo nulla delle sue domande. Rispondevo a caso. E lui faceva finta che io dicessi cose interessantissime».
Hai un clan di amici?
«Ho una super amica/sorella che si chiama Ketty, varie amiche in giro per l’Europa e qualche amicizia maschile».
A cena col nemico?
«Giampiero Galeazzi».
Che ti ha fatto di male?
«Durante una diretta sportiva, qualche anno fa, mi ha trattato in maniera sprezzante. Ha sbagliato apposta il mio nome, chiamandomi Herzigova, e ha detto in pubblico che ero in ritardo. In ritardo… io?».
Impossibile?
«Impossibile. Se c’è una cosa che mi è rimasta del comunismo ceco è il controllo assoluto sui più piccoli particolari della mia vita».
Al cinema: Vanzina o Benigni?
«Vanzina».
Lo dici perché tra poco esce il vostro Un’estate al mare?
«Non mi piace Benigni».
In Italia questa è considerata lesa maestà.
«Allora non lo scrivere. Lo considero un po’ volgare».
È quello che di solito si rinfaccia ai Vanzina.
«Allora diciamo che l’umorismo di Benigni lo capisco meno».
Il film della vita?
«Pretty woman».
La canzone?
«Sappi amore mio, di Biagio Antonacci… quando fa Io più te fa noi… è la canzone mia e di Gigi».
Melensa.
«Ci chiamiamo l’un l’altra Fufi».
Ecco. Il libro?
«Milan Kundera… oppure un altro ceco Vieweg… mi sa che qui non lo conoscete».
Negli Stati Uniti: Obama o McCain?
«Obama. Perché è nero. Perché è giovane. Anche in Italia servirebbe un po’ di ricambio generazionale, non trovi?».
Sì. Cultura generale. Quanto costa un litro di latte?
«Circa due euro».
Un pacco di pannolini?
«Ne compriamo a tonnellate. Non so quanto costa un solo pacco. Dipende dalle offerte ».
I confini dell’Afghanistan?
«Sei terribile».
Il primo articolo della Costituzione italiana?
«Boh».
Ultima. L’errore più grave che hai fatto in vita tua?
«Il rimpianto è quello di non aver fatto l’Università. Volevo frequentare… com’è che si dice? Pedagoga?».
Pedagogia. Qualche toppa in italiano la prendi ancora.
«E certo. Soprattutto con le doppie ci capisco poco. Gigi ogni tanto mi sfotte tirando fuori i miei svarioni».
Tipo?
«Uffa sono stuffa».

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