Edoardo Bennato (Sette – novembre 2015)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera,  il 20 novembre 2015, chiusa il 13 novembre prima degli attacchi Isis a Parigi).
Edoardo Bennato fa parte di quella generazione che ha inciso sugli spartiti la storia del cantautorato nazionale. A colpi di canzonette ha sbeffeggiato i Mangiafuoco del potere e i Capitan Uncino dell’antagonismo, senza mai smettere di deridere se stesso. Mi accoglie in un piccolo appartamento del quartiere Prati, a Roma. Giacchetta da baseball, stivali scuri, ciuffo riccio nerissimo, occhiali da sole. Ha l’armonica a fior di labbra e una chitarra tra le mani. Appena mi siedo al tavolo parte un accordo. Dleen. Poi prende carta e penna e chiede: «Ti occupi di geopolitica?». Comincia a disegnare. Mi vede stupito perché la mappa del mondo che sta tratteggiando è particolarmente precisa. Sorride: «Ho fatto architettura». Attacca con la teoria: «Oggi il pianeta è diviso tra la Famiglia Umana Matura, che frequenta il Nord ricco del globo, e la Famiglia Umana Bambina, che vive tra i due Tropici e che cerca di migrare in luoghi più ospitali». Dleen. Canta: «Contro il rischio di condanne / condannati a rischiare / pronti a salpare». Pronti a salpare è il pezzo che dà il titolo all’ultimo album di Bennato e porta con sé alcune convinzioni: per il cantautore la vita dei popoli e il loro destino dipendono dalle latitudini e dalle stagioni. Spiega: «Dobbiamo avere il coraggio di salpare verso un mondo migliore: la Famiglia Umana Matura si deve prendere cura di quella Bambina. Altrimenti sai che cosa succede?». Che cosa? «Che la Famiglia Umana Bambina, notte tempo, entra nella stanza di quella Adulta e le taglia la gola». Tradotto: «Ci conviene occuparci di chi sta peggio. Non è buonismo. È utilitarismo».
Da questo momento in poi, appena possibile, la conversazione viene intervallata da pezzi canticchiati. Dleen. Quando gli chiedo perché si ostini a sfornare dischi, lui allarga le braccia, dice che guardandosi intorno non vede questo gran rock e mi racconta la storia di come, per colpa dell’ostracismo di Mtv, tra il 1998 e il 2008 lui abbia perso contatto con un’intera generazione. Sorride: «Certo, questa potrebbe anche essere una scusa a cui mi piace credere». Come accadeva al protagonista di Un giorno credi, canzone degli esordi bennatiani (1973). Dleen. La intona: «Mentre tu sei l’assurdo in persona/ e ti vedi già vecchio e cadente,/ raccontare a tutta la gente/ del tuo falso incidente…». Bennato non stampava un disco da cinque anni e dentro a quest’ultimo ha messo anche molta politica. C’è un pezzo che si chiama Al gran ballo della Leopolda ed è una fotografia rock del caos partitico: i protagonisti sono Matteo e Pippo.
Renzi e Civati.
«Civati è una persona onesta. Ogni tanto ci sentiamo».
Il premier ti piace?
«È un incassatore. Va nei posti giusti. Ama la comunicazione positiva e in questo ricorda un po’ i leader energici come Craxi o come Mussolini. Oggi però è tempo di abbandonare i buonismi. Bisogna chiamare le cose con il loro nome».
A che cosa ti riferisci?
«Alla situazione di disfacimento totale del Meridione. Io sono fissato con le latitudini, ma insomma… l’Italia è spaccata in due. Renzi dovrebbe frequentare di più il degrado del Sud, i quartieri sgarrupati di Napoli… Anche perché in Europa conoscono bene le nostre condizioni. Per essere più rappresentativo del territorio, la prossima volta che va dalla Merkel, forse Renzi si dovrebbe presentare con un boss camorrista alla sua destra e un capo della ‘ndrangheta alla sua sinistra».
Boom.
«Ahahah. Sono pazzaglione e saltimbanco. Dleen: “Sono uno squilibrato, un provocatore / afflitto da frequenti manie di persecuzione”».
La Campania. Napoli. De Luca indagato. De Magistris, prima azzoppato e poi riabilitato.
«Per i meridionali è rassicurante pensare che al potere ci siano persone disoneste: è un modo per mimetizzare la loro stessa disonestà e per coltivare i loro vittimismi e fatalismi. In realtà credo che De Luca e De Magistris siano brave persone. Hanno solo commesso l’errore di pretendere di governare una regione e una città ingovernabili. È pericoloso».
Sembri scoraggiato.
«Lo sono. Però amo e vivo a Napoli, prendo forza dall’energia della città. E poi sono padre di una bambina di 10 anni, Gaia. Questo mi ha cambiato. Prima cantavo L’isola che non c’è, cioè l’utopia. Ora Io vorrei che per te, e cioè la speranza che quella vecchia utopia venga realizzata concretamente».
Come?
«Studiando i problemi. E cercando di risolverli senza illusioni».
C’è qualcuno oggi in Italia che lo fa?
«Un po’ i ragazzi del Movimento Cinque Stelle».
Sei grillino?
«Sono rock. Il rock è antitetico a qualsiasi partito».
Ma hai suonato più volte per i pentastellati.
«Alcuni loro argomenti non si possono non condividere. Sono in buona fede».
Beppe Grillo…
«Beppe dice tutte cose giuste. Ma ogni tanto sembra perdersi. Anche con lui sono stato caustico».
Per il musical “Pinocchio nel paese dei balocchi”, nel 2013 hai scritto il singolo “Al diavolo il grillo parlante”.
«Eheh. Dleen: “… Contate sul grillo parlante / sull’angelo vendicatore / che intasca denaro contante / contando sul vostro sacro furore…”. Il fatto che i Cinque Stelle, dopo questa canzone, mi abbiano richiamato dimostra la loro buona fede”».
O magari non hanno mai ascoltato questi versi. L’erede di Grillo è Di Maio?
«Di Maio è onesto e preparato, ma anche a lui chiedo: come ha intenzione di governare quella parte di Paese senza regole in cui c’è un anti-Stato che è più forte dello Stato?».
L’ultima volta che hai visto Grillo?
«In concerto, sul palco del Circo Massimo, a Roma, un anno fa. A proposito: secondo te chi è il massimo negli stadi, oggi?».
Ligabue?
«Io direi Jovanotti. Le performance sono davvero spettacolari».
Oggi la musica italiana viene covata nei talent, più che negli stadi. Ti hanno mai chiesto di fare il giudice?
«Una volta Piero Pelù mi ha invitato a The Voice. Ammetto che non sono situazioni in cui mi sento a mio agio. I media mi hanno sempre trattato con diffidenza: anche quando vendevo più dischi di Lucio Battisti non mi diedero la copertina di Tv Sorrisi e Canzoni».
X-Factor
«È di sicuro un contenitore da cui emergono talenti. Però credo anche sia l’emblema di un sistema. Ricordi il trita-studenti del film The Wall dei Pink Floyd? I talent sono così: applausi, vittorie e… avanti il prossimo. I ragazzi possono precipitare nel dimenticatoio, perché la trasmissione deve andare avanti. Tutto decisamente troppo veloce».
A cena col nemico?
«Con Matteo Salvini della Lega».
È il paladino delle barriere alzate: non ama molto i migranti.
«Salvini recita la parte del cattivo. Ma dice anche che il problema va risolto nei Paesi d’origine. Vorrei sapere da lui se ha un’idea di come fare».
Hai un clan di amici?
«Sì. È la crew di via dei Campi Flegrei 55, a Bagnoli, il condominio dove sono nato e cresciuto. Siamo da sempre un pacchetto di mischia: mio fratello Eugenio, Massimo Tassi… Negli anni Settanta durante qualche concerto ci è toccato pure fare a botte».
Con chi?
«Con chi arrivava per boicottare lo spettacolo: ragazzi di ultradestra o di ultrasinistra. Venivano da me perché mettendo il biglietto a mille lire ero raggiungibile. Dai Pooh, che facevano pagare lo show diecimila lire, non andavano».
Qual è la scelta che ti ha cambiato la vita?
«Mettermi a suonare per strada. Nel 1973 avevo esordito con il mio primo album Non farti cadere le braccia… Andò malissimo. Mi chiamò il direttore della Ricordi e mi disse che le radio non lo volevano: la mia voce era troppo sgraziata. Mi comunicò che la nostra collaborazione era finita. Allora, presi la chitarra, un tamburo portatile azionabile col tacco, la fisarmonica, e mi piazzai davanti al bar Vanni, a Roma. Cominciai a suonare pezzi tosti, quelli che poi sarebbero finiti nell’album I buoni e i cattivi. Alcuni giornalisti di Ciao 2001 mi notarono e mi segnalarono al Festival musicale di Civitanova Marche».
Andò bene?
«Quando scesi dal palco capii che ero diventato Edoardo Bennato. Se non fossi andato a suonare per strada, oggi sarei un architetto e mia figlia ascolterebbe l’album Non farti cadere le braccia (trovato per caso in un cassetto), sospirando: “Ma davvero da ragazzo volevi sfondare con questa roba?”».
L’errore più grande che hai fatto?
«Registrare Notti magiche».
La colonna sonora dei mondiali Italia 90.
«Permise sia a me sia a Gianna Nannini di fare grandi concerti negli stadi di tutto il mondo, ma insomma, è stata una stonatura rispetto al nostro animo rock».
Il film preferito?
«Blade runner di Ridley Scott».
La canzone?
«It’s a wonderful world di Louis Armstrong».
Conosci l’articolo 3 della Costituzione?
«Ehm, no!».
È quello che dice che la legge è uguale per tutti. È così?
«Probabilmente sì… a Copenaghen o a Toronto. Lì la legge sarà giusta e uguale per il 90% dei cittadini. In Italia arriveremo al 50%. Ma a Khartoum, in Sudan, non credo che si raggiunga il 20%».

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