Michela Marzano (Sette – maggio 2015)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera, l’8 maggio 2015)
Si sente un po’ come il marziano di Ennio Flaiano, sbarcato a Villa Borghese, al centro della Capitale, accolto, coccolato, riverito… e infine abbandonato. Una Marzano a Roma. Michela Marzano, 44 anni, parlamentare scorata del Pd, ha appena scritto Non seguire il mondo come va (Utet): diario dello spaesamento e dello smarrimento vissuti tra le mura di Montecitorio con allegato un manuale di sopravvivenza morale per frequentatori della palude politica italiana. Romana espatriata a Parigi, docente di filosofia all’Università Descartes, incastonata dal Nouvel Observateur nel 2008 tra i 50 pensatori più influenti di Francia, invitata nei salotti tivvù più pensanti, reclutata dal piddì bersaniano per le sue competenze sui diritti civili, dopo un paio d’anni nel Palazzo, Marzano si è resa conto che il socialista Rino Formica, ex ministro craxiano, aveva ragione quando sentenziò che «la politica è sangue e merda». Si è accorta che la vita del peone è grama. E il quadro che viene fuori dal suo pamphlet è desolante: i nostri rappresentanti risultano decisamente ignoranti, cortigiani, arroganti e arrivisti.
Incontro la filosofa in un bar di fronte all’ingresso della sede dei gruppi parlamentari. Parla svelto. Mentre ripercorre alcune tappe dell’infanzia e delle ferite che le ha causato la secchionaggine compulsiva, anoressia compresa, si concede qualche lacrima. Quando conclude il suo bilancio politico sbotta: «Con l’Italia ho chiuso. Ci metto una pietra sopra. Voglio tornare in Francia. Ma perché devo subire continue umiliazioni? Mi hanno pure spiegato perché non vengo più invitata in tivvù». Perché? «Perché ormai sono catodicamente in quota piddì, ma non essendo rappresentativa né della linea del segretario né di quella della minoranza non c’è motivo di coinvolgermi. Lo sa qual è la principale attività di molti parlamentari?». Quale? «Stare al telefono a ipotizzare liste elettorali, elenchi di fedelissimi e di raccattatori di voti da piazzare qua e là. Le competenze sono un miraggio».
Marzano, lanci un segno di speranza. Avrà incontrato qualche essere umano di valore alla Camera.
«Qualcuno che stimo? Chiara Gribaudo, del Pd di Cuneo. È una persona vera. E Beatrice Lorenzin…».
Il ministro della Salute di Ncd?
«Sì. L’ho ascoltata mentre illustrava un decreto sulla fecondazione artificiale. È brava e preparata, più di molti democratici. La delusione più grande per me è stata proprio il Pd».
La trasformazione da Ditta bersaniana a Partito-nazione renziano?
«No, era insopportabile anche il Pd dei caminetti. Quello in cui tutte le decisioni venivano prese da Bersani, Franceschini, Fioroni e non so chi altro. Senza nessun coinvolgimento dei parlamentari».
Ora non è più così?
«Qualche giorno fa c’è stata la riunione del Pd sul ddl per la scuola. Renzi si è circondato di persone incapaci come il ministro Stefania Giannini e la responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi, ma almeno lui è stato cinque ore a discutere e ha recepito qualche suggerimento. Detto ciò, il disegno di legge è orribile… Il problema vero è la disattenzione sui contenuti. Tra i motivi per cui ho accettato la chiamata di Letta e di Bersani c’era la volontà di far passare una norma contro l’omofobia…».
La legge è passata alla Camera.
«Ora è impantanata in Senato. Ma soprattutto… è un provvedimento davvero pessimo».
Non esageri.
«Ho chiesto un parere alle associazioni Lgbt, quelle che lottano per i diritti gay. Beh, per loro quella legge non ha senso. L’ho spiegato a un collega del Pd e lui ha replicato: “Ma che ti frega di quelli?”. Assurdo».
Lei ha denunciato anche arrivismo e cortigianeria. Tutti in fila alla corte di Renzi?
«In realtà mi hanno favorevolmente colpito le dimissioni di Roberto Speranza dall’incarico di capogruppo. Un buon segnale di coerenza. Ciò detto, quando Bersani sceglie una come Alessandra Moretti per la campagna elettorale del 2013, vuol dire che non vuole più un certo tipo di spina dorsale del partito. E non si può lamentare se poi Moretti diventa un’ultrà renziana».
Che cosa vorrebbe da un Pd ideale?
«Più impegno sui diritti, sulla scuola…».
Pare che Renzi stia preparando una fase-due del suo governo, proprio su questi argomenti.
«Se va a finire come la legge anti-Corruzione…».
Non le piace neanche quella?
«No. E non mi piacciono alcuni segnali elettorali che hanno poco a che fare con un concetto sano di legalità».
Lei ha dichiarato che Vincenzo De Luca, candidato pd alle regionali in Campania, condannato in primo grado per abuso di ufficio, dovrebbe fare un passo indietro.
«Credo che lo stesso dovrebbe fare Raffaella Paita, la candidata in Liguria».
Paita è indagata per reati collegati all’alluvione del 2014.
«Se vivessi a Genova voterei Luca Pastorino, il candidato di Rete a sinistra».
De Luca è condannato in primo grado. Paita è solo indagata.
«In altri casi per far dimettere qualcuno è bastato un titolo di giornale. Il premier chiede le dimissioni solo se non sei popolare e non porti voti? Non mi piace questo Renzi dei due pesi e delle due misure, poco attento ai contenuti e molto disposto ai compromessi e a compromettersi. Mi ricorda un po’ il modo di ragionare di Berlusconi. Solo che il Cavaliere era a destra. E io potevo votare e militare a sinistra sperando in un’alternativa. Ma ora dove guardo?»
Al M5S?
«Non scherziamo. I grillini sono spesso molto poco preparati e troppo chiusi a ogni tipo di confronto».
Se la situazione per lei è questa, che cosa ci sta a fare ancora in Parlamento?
«Non me ne sono ancora andata perché temevo che si pensasse che volessi usare le dimissioni per promuovere il libro. Chiuderò presto la mia esperienza alla Camera. Prima della fine della legislatura».
Quale legge vorrebbe vedere approvata prima di andarsene?
«Oltre a quella sul testamento biologico? Una legge che permetta i matrimoni gay».
Il centrosinistra ha avuto difficoltà a far passare i celebri Dico, figuriamoci i matrimoni.
«Se proprio dà fastidio il nome, possiamo chiamarli unioni civili. Ma devono contenere tutti (proprio tutti) i diritti connessi a un normale matrimonio: reversibilità della pensione, possibilità di adottare… In Francia funziona così, perché in Italia non è possibile?».
Si dia una risposta. Lei da ragazza frequentava i gruppi di preghiera del liceo Pio IX.
«È vero. Ero e sono cattolica, praticante. Non riesco a capire come sia possibile avere fede ed essere intolleranti, non inclusivi. Il Vangelo insegna l’accettazione dell’altro per come è. Davvero ci si può definire cattolici e avere posizioni che si allontanano così tanto dall’amore per gli altri?».
A cena col nemico?
«Mi affascinano più le qualità umane che non quelle cosiddette intellettuali. Quindi dico Nicola Molteni».
Il parlamentare leghista?
«Pensiamo cose diverse. Ogni tanto lui spara giudizi atroci. Ma è una brava persona».
Lei ha un clan di amici?
«Ho amiche antiche dei tempi della Normale di Pisa: Maria e Isabella su tutti. Anche loro insegnano all’Università».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«L’analisi. Ho cominciato psicoterapia in Italia. Ho avuto problemi di anoressia e ho pure tentato il suicidio».
Su questi aspetti della sua vita, lei ha scritto un libro: “Volevo essere una farfalla!”.
«Una volta in Francia la psicanalisi mi ha insegnato la tolleranza e l’accettazione. Prima di tutto di me stessa».
Per quanto tempo ha frequentato l’analista?
«Per 18 anni, tre volte a settimana. Facevo analisi in francese. E per una decina di anni non ho scritto una parola in italiano. Ho ripreso nel 2009».
L’errore più grande che ha fatto?
«Se potessi tornare indietro affiderei per tempo la bambina che ero a uno psicoterapeuta. Sono cresciuta con aspettative genitoriali e pressioni da prima della classe super secchiona».
Che cosa guarda in tv?
«In Francia un po’ di tutto. Mi piaceva molto Grey’s Anatomy. In Italia per orientarmi ho cominciato a seguire i talk show».
Il film preferito?
«Il Gattopardo di Luchino Visconti. Incredibilmente attuale».
La canzone?
«Ne me quitte pas di Jacques Brel. Ho imparato il francese attraverso i corsi di filosofia morale alla Sorbona, l’analisi e… la musica. Questo è un brano che parla dell’amore, l’unica cosa che abbia senso nella vita».
Il libro?
«Quelli di Hannah Arendt e di Virginia Woolf».
Conosce i confini del Nepal?
«Direi tra Cina e India.»
Sa quanto costa un litro di benzina?
«Non guido e non ho la patente. A Parigi mi muovo in metro».
E a Roma? A piedi? Vive in centro, accanto a Montecitorio?
«No. Mi appoggio a casa dei miei genitori. Quartiere Balduina. Ci arrivo in autobus. Finita l’intervista prendo il 913. Qualche fermata e sono a casa».
Prima di andare, reciti l’articolo 1 della Costituzione.
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».
È ancora così?
«Direi di sì. Ma di lavoro ce n’è poco e ci sono troppi precari. Diciamo che è una Repubblica che fu fondata sul lavoro».

Categorie : interviste
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