Edoardo Boncinelli (Sette – gennaio 2015)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera, il 23 gennaio 2015)
Quando chiedo a Edoardo Boncinelli, 73 anni, genetista arcinoto e divulgatore pop, chi sia stato il suo maestro, mi fa il nome del fisico Giuliano Toraldo di Francia. Ma poi spiega: «È stato più un maestro di vita che di scienza. Conosceva le lingue, leggeva molta letteratura, parlava di tutto». Anche Boncinelli parla di tutto. Ha appena curato una raccolta di frammenti di lirici greci, ha dato alle stampe (in coppia con Giulio Giorello) un volume su William Shakespeare e sul Corriere della Sera si esercita spesso su temi non necessariamente legati alla sua principale materia di studio, cioè i geni. Lo incontro nella sua casa meneghina. Accanto al computer, su un tavolo, ci sono un tagliere per pane con sopra incisa la tavola periodica degli elementi e una macchina fotografica reflex. Mi mostra un autoscatto. Ci ha appiccicato la scritta #jesuismoi. È la sua risposta a chi voleva fargli scrivere per forza #jesuischarlie sul profilo Facebook.
Fiorentino, adottato prima da Napoli e poi da Milano, Boncinelli parla con lieve cadenza toscana. Ritiene che i suoi colleghi scienziati mediamente disprezzino la comunicazione e che, anche per questo, il dialogo tra il mondo scientifico e i cittadini in Italia sia sempre stato pressoché inesistente. Gli faccio notare l’improvvisa attenzione mediatica sul mondo dei fisici e dei matematici, fatta di film e di personaggi alla ribalta. Annuisce, ma non è molto convinto. Azzardo: «La biologa Elena Cattaneo è stata nominata senatrice a vita e ora è entrata nel toto Quirinale». Boncinelli prima si trincerà dietro a un “no comment” e poi spara: «La nomina della Cattaneo a palazzo Madama è dovuta a una questione di genere. Non c’è un’altra spiegazione. Credo sia stato uno dei pochi inciampi di Napolitano». Insisto: «In Parlamento c’è anche la virologa Ilaria Capua». E lui: «La Capua è brava. Ma credo sia disperata. Non deve essere facile oggi, avere un cervello e frequentare Montecitorio. Mi ha raccontato che appena apre bocca si alza un muro di scetticismo. Come dire: lasciamola blaterare, è una scienziata!».
La politica italiana è ostile alla scienza?
«Ostile? No. È completamente indifferente».
Si è mai chiesto perché?
«I miei colleghi danno la colpa alla Chiesa cattolica. Secondo me storicamente c’entra anche il Pci. Le due “chiese” italiane per anni hanno impedito lo sviluppo di qualsiasi ragionamento che non fosse ideologico».
Il Pci si è estinto nel 1989.
«Restano le lobby. E la Chiesa. Il Vaticano, persa la battaglia con la Fisica, si accanisce con la Biologia. La religione vende informazioni su come è fatto l’uomo e quindi non accetta volentieri il progredire degli studi biologici».
Si riferisce alle polemiche sulla fecondazione eterologa, che in Italia è ancora vietata?
«Anche, ma non solo. Io faccio spesso conferenze. Quando tocco l’argomento embrioni la gente si chiude a riccio. Dicono: “Lei ha ragione, ma la vita è sacra”. E a quel punto il discorso si chiude. Voglio scrivere un libro intitolato Contro il sacro: per sottolineare il fatto che appena compare la parola “sacro” si smette di ragionare».
In Cina evidentemente il sacro non tira. Sono appena stati pubblicati alcuni articoli in cui si parla di traffico di spermatozoi e ovuli e di una corsa alla selezione preventiva della specie: vogliono tutti figli belli e intelligenti.
«Si illudono. La trasmissione dell’intelligenza dipende dai geni, dall’ambiente, ma anche dal caso».
È giusto porre dei limiti all’utilizzo della biogenetica?
«I limiti andrebbero discussi caso per caso, come fanno gli anglosassoni. E non in maniera ideologica, come facciamo noi su qualsiasi argomento. Con i nostri “grandi principi” abbiamo perso il nucleare. Ora rischiamo di rinunciare agli Ogm».
Lei è favorevole a coltivare Ogm in Italia?
«Certo. Non so se ha notato che quest’anno in Italia non si è praticamente prodotto olio. La nostra biodiversità va rispettata, ma ha bisogno della tecnologia. Invece… Durante l’Expo starò con le orecchie tappate. Non oso immaginare a che punto si spingerà la retorica Slow Food».
Mi pare di capire che lei non sia un estimatore di Carlo Petrini?
«Non credo nell’Inferno. Ma se esistesse…ce lo manderei. A me non piacciono le ideologie. Sono per il confronto continuo e anche per questo mi piace fare divulgazione scientifica. La divulgazione avvicina tutti a temi ostici. Io stesso mi sono avvicinato da giovanissimo alla Fisica attraverso libri divulgativi, in inglese».
Ha avuto un’infanzia immersa nei libri?
«Mio padre era insegnante».
È lui che l’ha introdotta a quelle letture?
«No. Lui diceva: i libri costano, pesano e fanno polvere. I primi libri li trovai in un armadio di mio nonno. Grandi classici e molta filosofia: Platone, Aristotele, Kant…».
Da bambino leggeva testi di filosofia?
«Sì. A scuola, a dieci anni, in un tema scrissi “Cogito ergo sum”. La maestra mi disse: “Se fai queste letture ti ammali”. Ho cominciato a dare ripetizioni agli altri quando avevo undici anni».
Insomma, era un giovanissimo secchione.
«No, no. Al liceo non studiavo molto. Ero un Padreterno grazie alle letture casalinghe: all’ultimo anno, col permesso della professoressa, spiegai io alla classe il programma di Fisica. Ma per finire l’università ci ho messo sette anni».
In quale facoltà?
«Ero indeciso tra Fisica e Filosofia. Fisici e filosofi finiscono per farsi le stesse domande. Scelsi Fisica».
È diventato un celebre biologo.
«Fino ai miei trent’anni disprezzavo la biologia».
Poi che cosa è successo?
«Lessi due libri: Il codice genetico di Isaac Asimov e Biologia molecolare del gene di J.D. Watson. E mi resi conto che anche nella biologia c’era tanto da fare. Trovai un foglio nella bacheca del Cnr a Firenze che pubblicizzava una borsa di studio per Napoli. La vinsi. Sarei dovuto restare a Napoli sei mesi… Ci ho vissuto 23 anni».
Al Cnr di Napoli, nel 1985, lei fece la sua più importante scoperta: i geni omeotici.
«Andando a un convegno in Colorado, a causa di un tornado, trascorsi sette ore con degli scienziati americani che mi parlarono di questi geni trovati nella mosca drosofila. Tornato a Napoli mi venne in mente di verificare se questi geni erano presenti anche nei topi e nell’uomo. C’erano. In pratica scoprii che quei geni erano l’architettura del corpo di tutti gli animali superiori».
Eureka.
«Una scoperta importante avvenuta grazie a una profonda riflessione, molto lavoro e… un gran colpo di culo».
Lei attribuisce al caso grande importanza.
«Chi nega l’importanza del caso non ha capito nulla della vita».
Non esageri.
«Nella ricerca subatomica il caso è di casa. Nella fisica quantistica si racconta che gli eventi sono casuali. Ma la gente non ci crede. Gli esseri umani hanno bisogno di illudersi che tutto sia spiegabile. Ma non è così».
Mi fa un esempio di casualità scientifica.
«Mettiamo che lei stia osservando un recipiente pieno di sostanze radioattive. Non potrà mai determinare quali e quanti atomi decadranno nella prima mezz’ora. Potrà fare una media, elaborare una statistica, ma nulla di più. Noi sappiamo indurre una mutazione e sappiamo descriverla, ma non sappiamo sempre con certezza quando e perché avviene spontaneamente».
Non è una considerazione rassicurante. Vuol dire, per esempio, che non scopriremo mai le cause di alcuni tumori?
«Noi siamo diventati bravissimi a curare i tumori che abbiamo capito. E sappiamo che la medicina del futuro è la prevenzione secondaria: accorgersi prima possibile di un male. Sappiamo che troppo sole fa male, conosciamo gli effetti del fumo e di una alimentazione a base di carne sbruciacchiata. Ma, oggi, non ci schiodiamo da un dato: i due terzi dei tumori sono casuali».
Una buona alimentazione e uno stile di vita sano non aiutano?
«Possono aiutare. Ma resta altissimo il fattore culo».
A cena col nemico?
«Con un filosofo. Massimo Cacciari».
Perché?
«Perché parla a vanvera. Malgrado la mia passione per la filosofia, moltissimi filosofi mi stanno antipatici: credono di sapere e quindi ci imbrogliano. Quello che si sa lo ha scoperto la scienza. Il resto non si sa. Punto».
Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Forse non fare il medico. Da ragazzo non avevo idea che si diventasse ricchi con la medicina».
Che cosa guarda in tv?
«Ultimamente soprattutto Fox Crime».
Il film preferito?
«Ordet di Carl Theodor Dreyer e Storie pazzesche di Damián Szifrón”.
La canzone?
«Lucio Battisti mi fa impazzire».
Il libro?
«Le confessioni di Sant’Agostino e La critica della ragion pura di Immanuel Kant. In linea di massima preferisco rileggere un classico per la quinta volta che affrontare uno scrittore contemporaneo».
Il frammento greco che la emoziona di più?
«Quello di Saffo sulla gelosia».
Qual è il libro che ha letto più volte?
«I promessi sposi di Alessandro Manzoni. L’ho affrontato una ventina di volta. Qualche anno fa lo sapevo praticamente a memoria».

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