Rosario Crocetta (Sette – settembre 2014)

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(Intervista pubblicata il 12 settembre 2014 su Sette – Corriere della Sera).

Uno degli atti più eclatanti quando era sindaco di Gela fu quello di cacciare la moglie di un boss mafioso che era stata assunta in Comune spacciandosi per indigente. Ora, da presidente della Regione, sta gestendo il repulisti dei dipendenti con precedenti penali. Rosario Crocetta, 63 anni, più di dieci sotto scorta, è il governatore gay e guascone della Sicilia. Appena eletto disse: «La mafia può fare le valigie». E ancora: «Se non si procede col programma anti-casta ce ne andiamo tutti a casa». Sono passati due anni. Mafia e casta ovviamente sono ancora lì. Qualcosa è stato fatto, ma tra rimpasti e ostruzionismi selvaggi Crocetta ha una maggioranza sempre meno solida. Alcuni osservatori siciliani sostengono che sia decisamente “isolato”. Di sicuro non ha un buon rapporto con Fausto Raciti, il segretario regionale del Pd, che è il suo partito. Dice: «Nel 2014, Raciti pensa di poter riunire una Direzione del partito per decidere i miei assessori senza consultarmi. Manco nella Russia bolscevica». Crocetta ha sempre detto di conoscere l’arabo. Per gioco, gli chiedo di invitare Raciti a essere meno invadente, in arabo. Replica: «Gli dedico una parola cara a Beppe Grillo. Bara neik. Cioè, vaffan… Ahahah».
Non è esattamente una parola di pace.
«L’ho detta in simpatia. Il Pd conosce il mio programma. L’ho concordato con loro e il patto comprendeva l’autonomia del presidente. Sapevano chi fossi e non credo si possano cambiare le regole a partita iniziata».
Lei una volta disse: «O si va avanti col mio progetto, o si va alle elezioni».
«Non ho paura delle elezioni. E non ho paura di non essere ri-candidato. La sinistra qui non aveva mai vinto. Mai. Dovrebbero ringraziarmi. Invece alcuni vengono da me per dirmi che contavano di più quando c’era Raffaele Lombardo».
Lei ha sempre frequentato il radicalismo di sinistra. Le piace la deriva renziana del Pd? C’è chi sente odore di nuova diccì.
«Diccì? Scherza? Renzi è un modernizzatore, è un uomo contemporaneo. La Dc era conservatrice. E i conservatori purtroppo oggi abitano anche nelle casematte di una parte della sinistra».
Lei e Renzi avete storie molto diverse.
«Già, ma la pensiamo allo stesso modo sullo svecchiamento del Paese e sulla lotta ai privilegi, alle pensioni d’oro e alla burocrazia».
I suoi detrattori sostengono che lei non abbia fatto molto su questi temi…
«Ho ridotto i costi della formazione, migliorandola, ho tagliato gli stipendi dei manager, ho imposto un contributo di solidarietà a chi ha una pensione sopra i 50.000 euro… Certo, sulla burocrazia c’è ancora molto da fare».
Le faccio un piccolo esame di gauchismo. È favorevole o contrario all’invio di armi ai curdi per combattere contro l’Isis.
«Non vedo altre soluzioni».
La patrimoniale…
«Tassare le case dei cittadini non mi piace. Ma è giusto colpire le grandissime fortune».
Definisca una grandissima fortuna.
«Non parlo di un reddito da duecentomila euro, come faceva Fausto Bertinotti. Ma un reddito da un milione andrebbe tassato di più».
L’articolo 18 è superabile?
«Qualsiasi riforma del lavoro dovrebbe partire da un altro punto di vista. Quale welfare vogliamo costruire? Io sono per il reddito di cittadinanza, su base familiare».
Famiglie. I matrimoni gay…
«Non mi sposerei neanche sotto tortura. E vivere in un Paese che nega questo diritto un po’ mi ha salvato».
In che senso?
«Sarei al quarto o quinto matrimonio. Nei guai. Detto ciò non è giusto impedire il matrimonio a chi lo desidera».
È un sostenitore delle adozioni da parte delle coppie gay?
«Capisco l’esigenza, ma non la considero la battaglia prioritaria del movimento omosessuale. Sono favorevole, ma penso che un legislatore debba essere un passo avanti rispetto al popolo. Se si trova quindici passi avanti, rischia di perdere consenso».
Gli italiani non sono pronti?
«Partirei con una legge sulle unioni civili. Una volta diffuso il modello di famiglia omosessuale, aprirei un dibattito sereno sulle adozioni».
È vero che nel Pci per molto tempo gli omosessuali non sono stati amatissimi?
«A livello locale non ho mai avuto problemi. Ma ricordo bene che nel 1978 un big nazionale del Partito scese in Sicilia per espellermi».
Fuori il nome.
«Non è il caso. Quel che conta è che aveva pieno mandato dalla dirigenza nazionale».
Nel 2012, in campagna elettorale rilasciò una lunga intervista a Klaus Davi sui suoi gusti sessuali.
«Mi fece molte domande provocatorie sulla mia omosessualità. Sa com’è, avendo difficoltà a parlare della sua, a Davi piace sentir parlare di quella degli altri».
Lei disse che l’omosessualità è un dono di Dio.
«Confermo. E non c’è nulla di più normale».
Essere omosessuali in una famiglia di Gela.
«Mia madre ha sempre intuito le mie scelte. Ma non ha mai smesso di sperare che mi sposassi».
Mi racconta la sua infanzia?
«Mamma era sarta in casa, papà impiegato. Io ero un ragazzino molto determinato. Servivo messa tutte le mattine prima di andare a scuola».
Che studi ha fatto?
«Alle elementari andavo dai salesiani. Avevo uno di quei maestri che ti colpivano con la bacchetta. Mi ribellai».
La sua prima esperienza politica?
«Mi sono iscritto al Pci a venticinque anni. Ma non per passione verso i sistemi politici sovietici…».
Dicono tutti così.
«Avevo una visione cristiana. Ricorda le parole di Gesù? “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non portate borsa, né bisaccia né sandali… Il Pci era fuori dal sistema di potere».
Le prime elezioni?
«Alla fine degli anni Settanta venni eletto consigliere comunale a Gela. Mi dimisi per protesta contro le prepotenze e le collusioni mafiose».
Nel 2002 è diventato sindaco di quella stessa città. È finito quasi subito sotto scorta.
«All’inizio fu un trauma. Una sera, dopo essere rientrato a casa e aver congedato la scorta, mi chiamò un amico, di cui ero praticamente innamorato. Mi chiese di uscire e dovetti rifiutare l’invito. Piansi, perché in quel momento capii che avevo perso molte libertà».
Niccolò Marino, ex pm antimafia che lei volle nella sua giunta, ha lasciato l’assessorato e ha detto che ormai nell’operato di Crocetta la lotta per la legalità è finzione.
«Non ha lasciato l’assessorato, ho revocato io il suo incarico. Con Marino c’era disaccordo sul governo della Regione. E sull’azione antimafia… la mia storia parla per me».
Già, ma le rinfacciano di aver confermato gran parte dei dirigenti regionali che stavano con Raffaele Lombardo, ex governatore condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
«Polemiche assurde, davvero. Dove li dovrei prendere i dirigenti? Su Marte?».
C’è anche chi insinua che lei nel 2012 ha vinto grazie a un accordo con Lombardo e Micciché.
«Ma quale accordo! Sono stato abile. Nel centrodestra c’erano tensioni e se i miei nemici litigano, io li faccio litigare ancora di più. Comunque Lombardo non esiste più nella politica siciliana».
A cena col nemico?
«Con Fausto Raciti… È troppo?».
Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Ho sempre detto al mondo chi sono. Questo mi ha procurato molte sofferenze e guai sul lavoro. Ma effettivamente più che un errore è stata una scelta, che rifarei».
Che cosa guarda in tv?
«Potrei dirle i tiggì. In realtà guardo soprattutto film di fantascienza. E sono fissato con le serie tv sul crimine».
Il film preferito?
«Via col vento. Ci crede? Ma anche L’ultimo imperatore».
La canzone?
«Mi piace molto la cantante libanese e cristiana Fairuz».
Il libro?
«Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar».
Conosce l’articolo 12 della Costituzione?
«A memoria… Non lo ricordo».
È quello che descrive il Tricolore. Dove si trova il Kurdistan?
«Tra la Siria e l’Iraq».
Sa quanto costa un pacco di uova?
«Un po’ più di un euro».
Lei fa la spesa?
«Sì, certo. E ogni volta che uno dei gentilissimi uomini della scorta si avvicina al carrello o a uno scaffale per aiutarmi, mi precipito per allontanarlo. Non vorrei finire immortalato come Anna Finocchiaro».

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