Federica Guidi – 2 (Sette – giugno 2014)

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(Intervista pubblicata su Sette – Corriere della Sera, il 6 giugno 2014)
Nega che ci possa essere un conflitto di interessi tra il suo ruolo di ministro dello Sviluppo Economico e il suo passato/futuro da boss di Ducati Energia, e archivia gli attacchi ricevuti al momento della sua nomina governativa come “illazioni”. Federica Guidi, 45 anni, ex Presidente dei giovani confindustriali, figlia di Guidalberto e madre di Gianguido, è l’emblema di come Matteo Renzi abbia fatto breccia nei cuori degli imprenditori italiani. Dopo aver premesso che non ha intenzione di captare la benevolenza del premier, Guidi ne srotola le doti: «Ha grande determinazione e voglia di raggiungere obiettivi ben definiti in tempi certi».
La incontro nella sua stanzona ministeriale. Parla rapidamente. Spegne quattro sigarette di fila subito dopo averle accese e chiude l’intervista dicendo che deve correre da suo figlio. Chiedo: «Non sarebbe più comodo allestire una nursery nel dicastero?». Replica: «Coi ritmi che abbiamo qui, sarebbe inutile».
Guidi, soprannominata “la metalmeccanica”, non pensa che il futuro dell’Italia possa essere legato solo al turismo e crede, più semplicemente, che l’industria debba essere messa nelle condizioni di lavorare meglio. Per questo, a breve, presenterà i provvedimenti necessari per tagliare i costi dell’energia elettrica alle piccole e medie imprese.
È vero che per trovare il miliardo e mezzo necessario a ridurre le bollette del 10% colpirete anche alcuni privilegi?
«Verranno tagliate le agevolazioni di cui godono sia il Vaticano sia la Repubblica di San Marino».
I critici dicono che si tratta di poca roba. Dieci o venti milioni di euro.
«Sarà pure poca… ma è praticamente il 100% degli sconti sulla bolletta ottenuti fino a oggi. Alle Ferrovie dello Stato le agevolazioni verranno tolte per le tratte ad Alta velocità».
Nelle ultime settimane si è parlato anche di tagli agli incentivi per chi ha investito nelle energie rinnovabili.
«Stiamo dialogando con gli operatori e limando il provvedimento. Il principio di base è che ci troviamo in un momento particolare e quindi è legittimo chiedere una mano a chi ha beneficiato di grandi agevolazioni per aiutare le imprese in difficoltà. Il costo dell’energia ha creato un gap di competitività tra le industrie italiane e quelle dei Paesi dove la bolletta costa molto meno».
Tagliare incentivi promessi non è come infrangere un patto solenne?
«Il meccanismo non è gradevole, ma cerchiamo di essere equi. Chiediamo una piccola riduzione delle rendite».
Non si rischia la fuga degli investimenti sulle rinnovabili?
«Non credo. Ma sommessamente mi permetto di dire due cose: non si vive di sole energie rinnovabili, e non sarebbe male, anche nel fotovoltaico, veder utilizzare più tecnologie italiane».
Una imprenditrice a capo di una grande burocrazia ministeriale. Come è stato l’impatto?
«Alcuni aspetti mi sembrano marziani. Su ogni decisione si muovono contemporaneamente anche otto uffici legislativi, di otto diversi ministeri. Dobbiamo correre, anche per sfoltire le sovrastrutture burocratiche».
Oltre che dei ministri, le burocrazie spesso sono poco amiche degli imprenditori.
«Presto presenteremo un pacchetto».
Punto primo.
«Più autocertificazione. Vuoi alzare il tetto di un capannone? Procedi con l’autocertificazione. Vuoi aprire un bar? Autocertificazione… È uno strumento sottoutilizzato».
Lo Stato non si fida degli autocertificanti?
«Si deve fidare. Poi però, se qualcuno viene beccato fuori norma, bisognerebbe fargli pagare quattro volte quello che è previsto oggi».
Lei è sempre stata una fan del merito.
«Lo sono ancora».
La meritocrazia non è esattamente una caratteristica della Pubblica amministrazione.
«Nel mio ministero ci sono grandi professionalità».
Buon per lei. Ma il fannullonismo nel pubblico impiego non è una fantasiosa invenzione mediatica.
«Spesso il problema principale è l’assenza di una buona organizzazione dei processi di lavoro».
Certo. Ma il demerito secondo lei andrebbe sanzionato?
«Non vorrei entrare nel campo di Marianna Madia e Giuliano Poletti».
Sconfini, la prego.
«Diciamo che non vedrei come uno scandalo l’equiparazione tra le regole del mondo privato e quelle del mondo pubblico. Tra l’altro mi sembra che si stia andando proprio in questa direzione».
Lavoro. Da destra protestano perché il decreto Poletti sarebbe stato annacquato dalla mediazione con i sindacati.
«A me sembra un buon provvedimento».
Guidi, lei è diventata super-renziana. Negli ultimi mesi ha incontrato molti imprenditori che votavano il centrodestra e che ora hanno votato Renzi?
«Negli ultimi mesi ho incontrato molte poche persone fuori dal lavoro».
Ministro di clausura.
«Esco dall’ufficio e vado a casa. Niente cene e niente feste».
Torniamo a Renzi.
«Immagino che siano tanti quelli che apprezzano il suo modo di affrontare i problemi rapidamente».
Un modo post-ideologico?
«Sì. Obiettivi e tempi certi».
Lei lo ha votato?
«Secondo lei? Faccio parte di questo governo!».
Già, ma lei è sempre stata considerata una donna vicina al centrodestra. Se qualche anno fa qualcuno le avesse detto che avrebbe finito per votare il Pd… Come ha conosciuto Renzi?
«Ci siamo conosciuti quando ero presidente dei giovani confindustriali».
Poi… la convocazione per farla entrare nel governo.
«Mi ha chiamata una mattina. All’inizio non avevo capito. Stavo cambiando il pannolino di mio figlio. Mi ha fatto una domanda secca. Ho accettato».
Prima le avevano mai proposto di fare politica?
«Sì. Angelino Alfano nel 2013 mi aveva chiesto se volevo presentarmi alle politiche con il Pdl. Ho rifiutato».
Definiamo il suo Pantheon.
«Il Pantheon? Non è roba per me».
Provi: Enrico Berlinguer o Margaret Thatcher?
«Thatcher. Ormai le sono affezionata: non so quando e non so perché, qualche anno fa qualcuno scrisse che ero thatcheriana».
A cena col nemico?
«Non riesco a immaginare una persona nemica».
Cenerebbe volentieri con Susanna Camusso?
«Certo. Sono curiosa. Il confronto con qualcuno che presumo sia distante dalle mie idee, mi stimola».
Ha un clan di amici?
«No. Non più. La mia vita sbalestrata e di immersione continua nel lavoro mi ha fatto trascurare un po’ le amicizie».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Accettare l’incarico da ministro. Ho abbandonato abitudini consolidate. E fare su e giù, tra Roma e Bologna con un bambino di due anni e otto mesi non è facile».
Suo figlio.
«Parla. È svelto. Già conta fino a 15. Sto per dire una cosa banale…».
La dica.
«Lui è la roba più bella della mia vita. Sono fiera di non aver perso nemmeno una notte con mio figlio. Stare con lui nel weekend mi rigenera. Mi sono scoperta mamma vecchio stampo. Qualche giorno fa, siamo passati davanti alla nostra azienda e lui ha detto: “Quando Gigi grande lavora fabbrica mamma”. Eheheh. Pensi se invece una volta cresciuto mi dicesse che vuole suonare la batteria e trasferirsi in Thailandia».
Gli farà fare la prova di coraggio che suo nonno fece fare a lei, quando aveva quattro anni? Le toccò attraversare un bosco di notte, al buio…
«Perché no? Non dico che formi il carattere, ma è stata una bella esperienza. La ricordo con affetto».
Sa che cos’è QuizDuello?
«No».
È un gioco, una nuova mania da smartphone.
«Io sul telefono ho Peppa Pig. Non uso né Facebook né Twitter».
Perché?
«Non ho tempo né costanza per i social network. Ma per lavoro uso molto Skype e Whatsapp».
Quale parola introdurrebbe nella Costituzione?
«Digitale. Se vogliamo sburocratizzare veramente il Paese, la parola chiave è una digitalizzazione».

@vittoriozincone
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